Ha sostenuto di avere dato inizio alle incursioni informatiche dopo le perquisizioni subite, a causa delle crisi di ansia che lo tormentano tutt’oggi, Carmelo Miano, l’hacker siciliano arrestato nei giorni scorsi dalla Polizia Postale al termine di indagini coordinate dalla Procura di Napoli in relazione alle effrazioni alla rete informatica del Ministero della Giustizia.
E, soprattutto, ha ammesso di avere violato anche la webmail degli inquirenti partenopei, e non solo, che indagano su di lui.
Le prime azioni, ha detto l’hacker alla presenza del giudice, dei pm titolari dell’inchiesta e del suo avvocato Gioacchino Genchi, erano di poca rilevanza, salvo diventare sempre più imponenti con il passare dei mesi.
Carmelo Miano, detenuto a Regina Coeli, ha sostenuto, sempre durante l’interrogatorio di garanzia dello scorso 4 ottobre, di avere violato le webmail di diversi magistrati inquirenti, tra Roma, Gela e Napoli, anche quelle dei titolari del fascicolo che lo riguarda, affermando però di non avere visualizzato i messaggi di natura personale.
La perquisizione cui ha fatto riferimento l’ingegnere informatico, che compirà 24 anni a fine mese, è quella del 9 settembre 2020, eseguita dai finanzieri su mandato della Procura di Brescia.