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Riemergono dal passato. Dimenticate per 26 anni negli archivi del palazzo di giustizia di Palermo. Sono le 39 bobine con le intercettazioni che dimostrano lo sbarco dei Corleonesi nel mondo della grande imprenditoria del Nord. I soldi della mafia investiti – agli inizi degli anni Novanta – nelle cave di marmo in Toscana. I fratelli Nino e Salvatore Buscemi e Francesco Bonura, erano diventati i padroni della IMEG e della SAM, due società del gruppo Ferruzzi di Raoul Gardini. Le intercettazioni telefoniche furono disposte – dall’aprile al dicembre del 91 – dal Pm Augusto Lama che indagava sugli imprenditori palermitani che detenevano il monopolio delle attività estrattive nelle cave i Massa Carrara. Nell’agosto del 91, allertò i colleghi della procura di Pietro Giammanco.
A Palermo, l’inchiesta venne aperta e chiusa dopo pochi mesi nonostante i Buscemi fossero già nel rapporto mafia- appalti del Ros. Le bobine con le voci del passato, sono adesso al centro della nuova inchiesta della Procura di Caltanissetta sulla strage di via D’Amelio. Paolo Borsellino, così come aveva fatto Giovanni Falcone, stava lavorando proprio al dossier del Ros. I trentanove nastri da Massa finirono a Lucca e poi a Roma per essere spediti a Palermo nel 98 per un’inchiesta di mafia. Le bobine sono al vaglio dei carabinieri del Raggruppamento scientifico fonico per essere riascoltate e digitalizzate per la nuova inchiesta nissena.