“Semu i sbilanzuna…semu i sbilanzunaa”. Ti ricordi Elenu’? Quanti anni potevi avere? Sei, sette. E io due anni e mezzo sempre più di te. E ti eri inventata questo gioco di bambini: i sbilanzuna. Camminavamo tipo zombie ripetendo questa identità senza senso “semu i sbilanzuna ” e giravamo per la casa di via Crispi facendo spaventare la mamma, la nonna. Che ridere, beata fanciullezza. Quante cose belle mi tornano in mente di quel tempo sorella mia adorata. Eravamo così legati che perfino alla mia prima comunione hai preteso di starmi attaccata in chiesa e il fotografo ha fissato in un’immagine quel momento. Così legati che nella nostra modesta ma meravigliosa famiglia abbiamo condiviso la stessa cameretta fino a quando non sei cresciuta, 12, 13 anni, e cambiando casa hai avuto la tua stanza, che però hai presto dovuto condividere con Davide. E lo hai cresciuto come una seconda giovane madre. Ricordavo tutto questo ieri mentre ti guardavo, immobile per sempre, dentro la bara. Sciupata dalla malattia che non ha inficiato la tua strepitosa bellezza. Trovo la forza per scrivere, per provare a esorcizzare questo dolore che mi devasta. Per provare a restituire solo un po’ della ricchezza inestimabile con cui hai deliziato e reso uniche le nostre vite. Sei stata per me non solo la sorella, ma l’amica, la confidente, la mia fonte inesauribile di confronto, la mia gemella perfetta. Quanto eri orgogliosa di me!!! E quanto io di te, di quel che potevi diventare (attrice, cantante, imitatore, quante cose sapevi fare!!), invece ti sei dedicata con amore alla famiglia, al tuo amato Michele, ai tuoi adorati figli. E hai fatto appena in tempo per accogliere tra le braccia il tuo primo nipotino. Dopo la sua nascita, un giorno quando ti ho scritto di tenere il morale alto per affrontare la tua malattia, mi hai risposto “non posso permettermi di mollare, devo veder crescere mio nipote”. Invece, un destino bieco, baro, crudele, ti ha strappata al nostro amore. Mi sto quasi convincendo che è vero che ad andarsene prematuramente da questo mondo siano soprattutto i migliori. I più buoni. Io sapevo della tua bontà, del tuo battersi per i deboli, per i bisognosi, della tua religiosità, del tuo essere maestra impeccabile di catechismo, ma in queste ore di commiato ho avuto netta e forte questa consapevolezza dalle testimonianze straordinarie di affetto che ti sono state tributate. Quanti messaggi mi hanno mandato gli amici. Quanto calore. Non avrò mai abbastanza parole per ringraziarli tutti. Chi ti ha conosciuto, ti ha ammirata e amata. Elenu’, niente più per me sarà come prima . Non mi illudo di trovare conforto nei ricordi. Quelli servono, ma non averti più nelle nostre vite non potrà essere colmato da niente. Ora riprendiamo tutti a fare le nostre cose terrene come è giusto che sia. Io tornerò al lavoro, a presentare il mio nuovo romanzo che non ho fatto in tempo a regalarti e tu a leggere con il tuo solito trasporto con cui hai amato ogni cosa che ha fatto il tuo fratellone adorato, e proprio quest’ultimo libro ripercorre in qualche modo una vicenda dolorosa che ci riguarda, che ha segnato le nostre vite: il destino atroce che ci ha portato via la nostra amata mamma a soli 50 anni. E ora il cielo si è presa te, a 60. No, non avrò mai pace. Farò solo finta di averla e ti prometto che quando sarò giù proverò a girare per le stanze di casa facendo i “sbilanzuna” e chissà che così non ti sentirò vicina come quel tempo che non torna più amore mio.