La sentenza è stata emessa dalla Corte di assise di Appello di Palermo, dopo che la Cassazione aveva annullato il precedente verdetto. Inflitti 30 anni di reclusione ad Angelo D’Antona, 39 anni, ritenuto uno dei killer dell’omicidio di Pasquale Mangione, ex impiegato comunale in pensione di Raffadali, ucciso il 2 dicembre del 2011 nella sua casa di campagna in contrada “Modaccamo”.
I giudici hanno riconosciuto l’aggravante della premeditazione e hanno ripristinato la sentenza del gup del tribunale di Agrigento, Stefano Zammuto. Insieme a D’Antona era imputato il 44enne di Raffadali, Antonino Mangione, morto nei mesi scorsi, che si è autoaccusato di avere organizzato l’omicidio tirando in ballo uno dei figli della vittima, in un primo momento indagato con l’accusa di essere stato il mandante, poi scagionato da ogni accusa.
A commettere materialmente l’omicidio, secondo il racconto di Mangione, sarebbero stati Roberto Lampasona, 46 anni, di Santa Elisabetta, e Angelo D’Antona. La posizione del primo è stata stralciata perché la Procura non ha notificato, per un disguido, l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a uno dei difensori, con la conseguenza che l’ordinanza di custodia in carcere era decaduta per scadenza dei termini. Il movente del delitto sarebbe da in inquadrare nel comportamento della vittima, che avrebbe disturbato e molestato diverse donne. I difensori di D’Antona, gli avvocati Antonino Gaziano e Teresa Alba Raguccia, adesso, potranno ancora impugnare il verdetto in Cassazione.