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«Quando l’ho conosciuto io sapevo che si chiamava Francesco Salsi e così pure quando abbiamo cominciato ad avere una conoscenza intima. Poi, quando ho saputo chi era, nella mia mente comunque ho continuato a percepirlo come la persona che avevo incontrato».
Così nel corso di dichiarazioni spontanee, alla vigilia della sentenza d’appello, Lorena Lanceri, una delle donne di Matteo Messina Denaro condannata per mafia a 13 anni e 4 mesi, si è rivolta ai giudici.
«Lui mi aveva detto che era perseguitato dalla giustizia e io ci ho creduto. – ha spiegato – Per me era un periodo difficile sia con mio marito che in famiglia. Avevo problemi anche di autostima e non nego che gli ho voluto bene anche perché io vedo sempre il bene nelle persone e poi lui con me era gentile e mi faceva stare bene. Poi si è ammalato della stessa malattia di mia madre e ci siamo avvicinati ancora di più – ha raccontato in lacrime – Ma io non sono una criminale e se vado avanti in questo inferno è solo per l’amore che ho per i miei figli. Del resto non mi interessa più nulla».
Lanceri sarebbe stata al centro della rete di pizzini, grazie alla quale il capomafia riusciva a mantenere i contatti con i suoi nonostante fosse ricercato.