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La scalata di un allevatore di ovini ai vertici di Cosa nostra mazarese, l’espansione della sfera d’affari di un noto imprenditore dei supermercati vicino al clan, la gestione mafiosa delle aree di pascolo e delle aste fallimentari. Tutto puntualmente ricostruito nell’inchiesta della DDA palermitana che ha portato a 17 arresti, 7 in carcere, e a un obbligo di dimora.
Impegnati dall’alba 150 finanzieri del comando provinciale di Palermo. In corso perquisizioni presso le abitazioni e gli altri luoghi nella disponibilità degli indagati, nei cui confronti si procede, a vario titolo, per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, porto abusivo d’armi, turbata libertà degli incanti, estorsione, rapina e favoreggiamento personale.
Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo, hanno permesso di far luce sulle trame, i ruoli e gli affari della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo.
In particolare, sono state ricomposte le fasi che hanno portato all’ascesa dell’allevatore di ovini Domenico Centonze. Da braccio operativo del capo mandamento Dario Messina, attualmente detenuto, è divenuto, nel tempo, il punto di riferimento per lo svolgimento delle più diverse attività criminali: come riscuotere crediti insoluti, dirimere controversie e organizzare un traffico di stupefacenti tra Palermo e Mazara. In carcere è finito anche Alessandro Messina, fratello del boss.
Riscontrata l’esistenza di un penetrante potere di controllo economico del territorio un tempo controllato da Matteo Messina Denaro, esercitato mediante la gestione mafiosa delle aree di pascolo e delle aste fallimentari. Documentati anche diversi episodi di violenza legati al mancato rispetto di accordi presi per la spartizione di alcuni immobili.
Le investigazioni hanno permesso di ricostruire le dinamiche criminali che hanno favorito lo sviluppo, nel Trapanese, di una capillare rete di supermercati a marchio Crai riconducibile a un noto imprenditore mazarese, Luigi Prenci, 54 anni, che, secondo gli inquirenti, forte di un rapporto diretto con il vertice storico del mandamento mafioso di Mazara del Vallo sin dalla metà degli anni Duemila, avrebbe potuto espandere la propria sfera di affari in diversi settori, tra cui anche la pesca del gambero rosso, acquisendo la proprietà e la gestione di numerose società.
In cambio del sostegno garantitogli dall’associazione, Prenci avrebbe assicurato a Cosa nostra l’assunzione di affiliati e di loro parenti, aiuti finanziari per l’avvio di nuove attività economiche, nonché l’acquisto di beni posti in asta e riconducibili a soggetti contigui, così che gli stessi ritornassero nella loro disponibilità.